“possiamo tornare a casa se vuoi”
il mio problema era proprio questo.
Cosa volevo veramente? Quale era la MIA casa?
L'erba incolta che abbraccia le foglie,
queste rose che profumano di libertà. Vent'anni fa era questa la mia
casa. Ora non più. Sono dovuto fuggire in città e paesi che non
avevo mai visto prima. Senza un motivo. O in realtà di motivi ce ne
erano perfino troppi. Da un giorno all'altro sono sparito, come il
mio passato e come era facilmente prevedibile, il mio futuro.
La caviglia mi faceva male. Dovevo
assolutamente riposare ma non me lo potevo permettere. Le colline
erano troppe e non potevo fidarmi di loro. Silenziose e sinuose come
dei seni materni pronte in un istante a diventare dei mostri
mitologici senza pietà. Mi rimaneva soltanto la speranza. Pregavo
qualsiasi dio ogni notte. Sognavo di non camminare più guardando
fisso i miei piedi, con il terrore di guardare negli occhi il cielo.
Sognavo di potermi appoggiare ad un muro per riposarmi o per
aspettare la mia ragazza e non più soltanto come freddo riparo per
portare a casa un po' di pane.
siamo rimasti in venti, non ci sono più bambini, non ci sono più anziani.
E' quasi l'alba, il profumo umido
dell'ennesimo paese senza nome mi stava svegliando.
“stai bene?”
“sì sto bene, sono solo mezzo morto”
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