giovedì 23 ottobre 2014

IL ROMANZO DI SAN SILVESTRO

Oramai erano già due o tre ore che mi ripetevo la stessa frase.
"devo smettere di prendermela in questo modo. Rimarrò da solo". Sul bordo di una strada di provincia, alle due di notte, tutti i dubbi e le ansie vengono ad abbracciarti e a sussurrarti le loro lamentele. Sembra che le auto facciano di tutto per non illuminarti con i loro fari pur di non disturbarti.
Il tempo si dilata, potrei essere su questa strada da giorni come in un cammino di Santiago fai da te.
In lontananza si cominciano a vedere i fuochi d'artificio che il vecchio anno regala a quello nuovo, qualcuno suona il clacson come in una finale mondiale. Quasi a dire "anche quest'anno l'ho portato fuori, qui non si molla di un centimetro". Alcuni cani impazziscono per certi botti che ricordano delle guerre con se stessi, con la propria pubertà. Tutti i suoni ed i rumori si fanno in quattro per avere il dominio, se solo sapessero che il rumore più dirompente in questo momento è quello del respiro che esce dalle mie narici. Stanco come un minatore dopo 14 ore di lavoro, continua a inerpicarsi sapendo benissimo a cosa andrà incontro. Ad un certo punto sento solo lui, il resto è tutto ovattato. Un gusto strano mi arriva al palato e subito dopo la ferita torna a fare male. Un battitore dei New York Yankees deve avermi appena dato una botta dietro le ginocchia, all'improvviso le gambe si spezzano e cado rovinosamente a terra. Non credevo che l'asfalto fosse così comodo. E chi ha voglia di rialzarsi da qui. Se gli indiani d'America ascoltavano i binari per sentire quando il treno sarebbe arrivato, io ascolto questa strada per capire quanto mi manca.
Mentre la camicia è oramai zuppa di quello che suppongo sia sangue, alcuni passi veloci riecheggiano a poche decine di metri da dove sto, per così dire, riposando. Con lo sguardo cerco la loro provenienza ma nulla, fino a quando una mano che sembra fatta di lava da quanto è bollente, mi tocca il collo. 
"Eccolo, è lui! venite! caricatelo e portatelo dallo Zar."

Ed io che ero così vicino alla fine, ricominciai tutto da capo. Dal primo comandamento. 

martedì 10 giugno 2014

TRENTA Y SEIS

"Signora mia, non mi faccia scherzi, stasera c'è la partita!" Così il ginecologo di mia madre esordi quel giorno quando la vide per l' ultima visita. Era un giorno afoso, molto caldo, era un sabato sera. Con le finestre aperte mia madre sentiva la gente in festa suonare e cantare, mentre l'ospedale andava via via svuotandosi per l'avvicinarsi della partita. La partita era Argentina - Italia e sarebbe iniziata a mezzanotte esatta. Io nacqui pochi minuti prima del fischio iniziale. Proprio per questa coincidenza non riuscirono a denunciare la mia nascita il 10 giugno ma decisero di farlo con più calma il giorno dopo. Dopo la punizione di Kempes, dopo il tacco di Paolo Rossi, dopo il gol di Bettega. Questo fu solo l'inizio. 

mercoledì 22 gennaio 2014

RUDY "THE CROOKY"

Eravamo almeno a 6 km da casa di Rody. Io non ero per nulla in grado di camminare come una persona adulta e lui, a stento, grugniva. In lontananza riuscivo a sentire delle voci. Non erano frutto della mia mente offuscata bensì erano gli abitanti di Den Stock che si stavano recando in chiesa. Quel giorno era un gran giorno: alle nove ci sarebbe stato un matrimonio. Tutto il paese era invitato, compresi io e Rody. Per inciso Rody di lavoro faceva il Padre protestante. A Den Stock
Esattamente. Probabilmente in città qualcuno lo stava cercando disperatamente, pensando ad un malore oppure ad una sua dimenticanza. Invece era lì al mio fianco con il profumo di rose che contrastava l'acre odore di vestiti stanchi di essere indossati. Rody era un uomo magro, due folti bassi quasi sempre umidi di birra scura. Pochi capelli lisci puliti come l'olio esausto. Tutti lo chiamavano Rody the crooky per via delle sue gambe storte da calciatore, anche se non aveva mai giocato con una palla rotonda. Era un rugbista tutto corsa e terzo tempo. Un giorno Charlie Monsell, un pilone di bordinton park, lo affossò con un placcaggio rimasto ancora oggi tra gli argomenti ricorrenti dei pub della città e Rody si ruppe qualche vertebra. Fu quell'episodio che gli fece scegliere una via più tranquilla e più remunerata. Diventò il Pastore di noi povere pecorelle smarrite. Mi misi in tasca il paio di mutandine e in un attimo lo avevo già spogliato e buttato nel fiume. Si riprese di colpo e con uno scatto felino risalì la riva. 
"Joe! Cristo santo cosa ci facciamo qua? Ma che ora è? E perché sono nudo?"
"Guarda Rody, mi dispiace un sacco ma le campane hanno già suonato, abbiamo veramente pochi minuti per raggiungere casa tua e no, non abbiamo più un telefono, non abbiamo più portafogli, abbiamo finito la benzina e non ricordo nulla degli ultimi due giorni" 
"Cristo santo. Mica vorrai farmi andare in città nudo vero? Facciamo che tu mi dai i tuoi vestiti e tu aspetti qui che si asciughino i miei."
Era un'idea completamente malsana ma aveva ragione. Dovevamo fare in modo che arrivasse in tempo le il matrimonio per non rischiare una pallottola cadauno. Cominciai a svestirmi, passando al volo prima la camicia, poi i pantaloni ed infine le scarpe farcite di calzini. 
"Oh Rody segui il fiume e vai dritto. Ti prego, non fermarti in pub e non fatti vedere da Sandy."
Rody annui e si mise a correre. Certo non era proprio una corsa la sua, ma ero sicuro che si stesse impegnando al massimo delle sue possibilità. 
Mentre "crooky" era oramai lontano, io dovevo ancora organizzarmi. 
Avevo dei vestiti fradici, un'automobile senza carburante, varie bottiglie vuote, del tabacco, nessuna cartina e una rivoltella appoggiata delicatamente sulla mia nuca.