domenica 14 ottobre 2012

RIMEDI NATURALI

Dicono che sia grazie all'adrenalina che ci si rialzi subito dopo una caduta. Ripeto, dicono... Perché io su quell'asfalto c'ero già da un bel po' di tempo. Quell'odore di asfalto umido misto sangue raffermo oramai mi perseguitava. La vista da lì era totalmente diversa, tutto era più lento, riuscivo ad apprezzare anche tutte le pecche delle auto parcheggiate... Un parafango ruggine, un cerchione rovinato, un antenna rotta... Un antenna rotta? Un auto verde con l'antenna rotta?E l'avevo rotta io? Non ricordavo esattamente le dinamiche che mi avevano portato in quelle condizioni, ma alzando un po' lo sguardo mi accorsi di un adesivo vicino all'antenna rotta.Ahimè era un disegno che conoscevo molto bene. Un orso giallo. E c'era solo un auto verde con un orso giallo... Mi ero appena reso conto della gravità della situazione. Avevo urtato e rovinato l'auto del Nano.porca vacca, dovevo fuggire il prima possibile, ma qualche arto estremamente lesionato me lo impediva. strisciando ero riuscito ad arrivare nei pressi della mia bici, sperando che quella famosa adrenalina mi portasse lontanissimo, magari a preparare la tavola anche se in ritardo. Un suono di serratura a tripla mandata bloccò tutti i miei piani. Non sapevo cos'altro fare. Sentivo già le campane e il profumo di crisantemi. Fu in quel momento, signor giudice, che trovai i 5 cent. 

mercoledì 22 agosto 2012

QUANDO LO LASCIARONO ANDARE


Un po' mi dispiace, devo ammetterlo, Roma è una città stupenda, piena di sguardi e di voci difficili da dimenticare quando si ritorna a casa. Roma ti da sempre del tu, pronta a offrirti da bere in ogni angolo del suo salotto. Ma ora basta, devo andarmene. Rischio di perdere completamente la mia vita, la mia storia che bella o brutta è stata costruita da me, un enorme lego tutto bianco. Non sto fuggendo. Quando si fugge non si ringrazia, non si paga il conto. Sto solo cercando di capire se c'è veramente qualcuno che mi stia cercando o se sono destinato ad avere un futuro da mensa solidale dell'amore.
Ieri mi ha scritto Giulia. Devo ammetterlo, è una ragazza molto coraggiosa, continua a cercarmi anche dopo avermi conosciuto e anche dopo avermi vissuto. Giulia legge tantissimo, fotografa quotidianamente qualsiasi piccolo oggetto di colore rosso che si ritrova davanti. Per alcune persone tutto questo si chiama autismo, io lo chiamo amore.
Tornerò a Londra dove non mi conoscono ma nemmeno pretendono di farlo. Ho scatoloni pieni di propano emozionale. Devo assolutamente liberarlo, gli scatoloni sono brutti e sono cattivi, in alcuni casi spietati.
Forse non tornerò più, è quello che temevo.
Non conoscerò mai il gusto della cedrata.  

martedì 31 luglio 2012

Avevamo un Patto

"ma ora spero non ti rivolga più la parola!"
"e invece la sento e mi ha invitato a cena!"
"veramente la giustizia, in questo mondo, non esiste proprio"
I miei amici mi reputano abbastanza fortunato con le donne. Compresa questa ultima avventura cominciata a casa di jack, con un invito a cena, in un McDonald, scoprendo solo a invito spedito, che la ragazza in questione è vegetariana. Non dissi niente, cercai piano piano di recuperare da quella figuraccia grazie al mio essere ruffiano. Spudoratamente ruffiano preciserei. E difatti ora mi trovo qui, in un isolato che non conosco,davanti alla porta di Sophie con delle borse piene zeppe di ciliegie per farmi perdonare. 
"idiota!"
Dalla finestra sopra di me Sophie mi saluta con un sorriso da nobel per la pace.
"sono ciliegie?"
"certo! Tutte per te. Le ho rubate questo pomeriggio, devono essere buonissime!"
"sei un ruffiano e idiota, scendo subito."
Io trovo stupendo il suono delle parole "scendo subito" pronunciate da una donna. Durante l'attesa, quelle parole mi girano e rigirano nel cranio, mentre di solito mi esce un sorriso da ebete, tanto che, la ragazza in questione ogni volta mi saluta con un "ma che c'hai?".
Questa volta invece il mio sorriso da ebete rimane bloccato sul tasto pausa dato che, dopo 10 interminabili minuti, ad aprire la porta non è Sophie, ma bensì un ragazzo alto dal fisico asciutto e che mi saluta con un "fossi in te me ne andrei". 
Di Sophie nessuna traccia.
 Da due settimane.
Nemmeno alla festa per il compleanno di Jack.

mercoledì 23 maggio 2012

Una sigaretta por favore


Ogni volta che ci penso la trovo una cosa impossibile ma non ci posso fare niente. Non ricordo più la tua voce. Il tuo sguardo quello sì, mi colpisce ogni giorno diritto al petto come un proiettile sparato da un cowboy con troppi anni e troppe storie da dimenticare. Tutto si è fermato in quella notte, o forse tutto è iniziato grazie a quella notte.
Lasciarmi in sala parto mentre ti stavo stringendo la mano, diciamo che non è stato proprio un bel gesto. Già il non avermi avvisato delle tue doglie forse poteva darmi un indizio sul fatto che qualcosa non stava andando troppo bene tra noi. Ora che mi trovo qui 9 anni dopo con un bambino dai capelli rossi di fronte a me (borsone con biancheria intima, medicine e libri inclusi) come unico compagno del tuo funerale, non so più se dirti che ti amo ancora follemente, che soltanto tu mi hai fatto sentire utile in questo mondo o se maledirti almeno per altre 5 reincarnazioni.
Fatto sta che ora mi hai lasciato solo, salvo miracoli pre-chiusura bara funebre, per sempre. Solo con un esemplare umano di dimensioni ridotte ma che, secondo il mio modestissimo parere, suda molto di più della media nazionale e con un testamento composto soltanto da una lettera:

“Si chiama Oliver. Ti aiuterà a vivere meglio”

Ok Dana. Grazie. Spero tu ti goda le tue prossime 5 reincarnazioni.

domenica 13 maggio 2012

Abbiamo Sbagliato Strada


“possiamo tornare a casa se vuoi”
il mio problema era proprio questo. Cosa volevo veramente? Quale era la MIA casa?
L'erba incolta che abbraccia le foglie, queste rose che profumano di libertà. Vent'anni fa era questa la mia casa. Ora non più. Sono dovuto fuggire in città e paesi che non avevo mai visto prima. Senza un motivo. O in realtà di motivi ce ne erano perfino troppi. Da un giorno all'altro sono sparito, come il mio passato e come era facilmente prevedibile, il mio futuro.
La caviglia mi faceva male. Dovevo assolutamente riposare ma non me lo potevo permettere. Le colline erano troppe e non potevo fidarmi di loro. Silenziose e sinuose come dei seni materni pronte in un istante a diventare dei mostri mitologici senza pietà. Mi rimaneva soltanto la speranza. Pregavo qualsiasi dio ogni notte. Sognavo di non camminare più guardando fisso i miei piedi, con il terrore di guardare negli occhi il cielo. Sognavo di potermi appoggiare ad un muro per riposarmi o per aspettare la mia ragazza e non più soltanto come freddo riparo per portare a casa un po' di pane.
siamo rimasti in venti, non ci sono più bambini, non ci sono più anziani.
E' quasi l'alba, il profumo umido dell'ennesimo paese senza nome mi stava svegliando.

“stai bene?”
“sì sto bene, sono solo mezzo morto”